Varanasi o Benares, la città più sacra all’Induismo, non offre monumenti architettonici spettacolari, ma è essa stessa un monumento unico all’essenza dell’India.
Era Kashi , al tempo dei Veda; divenne poi Varanasi, dal fiume Varuna che scorre a Nord e dall’ Assi che scorre a Sud, per essere poi deformata in Benares dagli Inglesi che non sapevano pronunciarne correttamente il nome. Oggi è nuovamente Varanasi , il nome di questa città santa a Shiva, brulicante, particolarmente caotica e faticosissima, che nulla conserva nelle pietre del suo antichissimo passato, ma che offre la straordinaria opportunità di poter vedere, respirare e vivere riti millenari ed immutabili lungo i Ghats , le gradinate al fiume; dove gli edifici e i vicoli oscuri, Galis , del quartiere antico, si accatastano disordinati rigorosamente tutti sulla riva occidentale del Gange, mentre quella orientale è spiaggiosa e deserta; dove la morte e la vita, la prima nelle pire costantemente fumanti e i funerali e la seconda nei pressantissimi procacciatori e venditori di qualunque cosa, si intrecciano ad ogni passo. Dove la mendicità, le deformità, gli animali macilenti in mandrie e gli odori possono diventare tanto invisibili quanto insopportabili dopo pochi attimi dall’arrivo.
Un milione di pellegrini visita Varanasi ogni anno, in quanto una delle sette città sacre dell’Induismo e luogo di culto anche per il Jainismo: sono 50mila i brahmani che vi risiedono permanentemente. Si crede che chiunque muoia nel territorio compreso oggi dalla Panch Koshi Road , una strada a Nord del fiume Varuna, passi direttamente al regno dei cieli, liberandosi dal ciclo delle rinascite. Il pellegrinaggio ortodosso prevede un lungo cammino che percorre prima la riva del Gange partendo dal Manikarnika Ghats – tra i più importanti per le cremazioni – fino al Assi Ghats , per poi compiere un ampio semicerchio intorno alla città, in totale 58 Km, e ritornare al Gange. Generalmente si impiegano sei giorni per compiere il percorso che è intervallato da santuari, ricoveri e villaggi attrezzati per l’ospitalità
Varanasi era già un importante centro nel VII sec.a.C. è menzionata sia nel Mahabharata sia nel Ramayana, il Buddha la visitò verso il 500 a.C. quando già era un celebre centro culturale e commerciale e nelle sue vicinanze, a Sarnath , tenne il suo primo discorso. Nel 1033 la conquistò Mahmud di Ghazni che la rase al suolo una prima volta, le armate dei Ghuridi nel 1194 la saccheggiarono nuovamente, fino ad arrivare al dominio di Ala-ud-din Khilji di Delhi che ne distrusse i templi superstiti per sostituirli con moschee all’inizio del XIV secolo. L’influenza islamica rimase fortissima fino al XVIII secolo quando il nome della città venne, per un breve periodo, addirittura cambiato in Mohammadabad . Non esistono oggi a Varanasi edifici che risalgano oltre il XVII secolo e la maggior parte appartiene ad epoche ancora più recenti. Tuttavia Varanasi mantenne sempre il primato sull’insegnamento e la cultura della lingua sanscrita in India, che restò viva qui lungamente mentre divenne solo suono incomprensibile e rituale nel resto del Paese. Sono più di 150mila i rarissimi manoscritti conservati alla Banaras Hindu University . Visvanath Temple , tempio dedicato a Shiva e conosciuto come il Tempio d’oro , Golden Temple , per il suo tetto placcato d’oro, risale al 1777 ed è il tempio principale sin dallo scorso millennio. L’originale fu però distrutto e sostituito con una moschea nel XII sec. Ricostruito nel XVI sec. venne nuovamente distrutto dopo cent’anni. L’entrata è proibita ai non indù, e l’area molto sorvegliata. Attenzione a non commettere gesti che potrebbero venir interpretati come sacrileghi. Meglio non toccare nulla nei dintorni. Nella cinta muraria, che è tutto quello che si vede, vi sono delle piccole aperture che consentivano agli intoccabili di pregare verso il santuario, un tempo anche a loro vietato.
Annapurna Temple adiacente al Visvanath temple.
Gyanvapi , la grande moschea di Aurangzeb, con minareti di 71 m. che mostra nelle colonne e nelle fondamenta il suo lontano passato di tempio indù. Come la più piccola moschea Alamgir , all’altezza del Ghat Panchganga ; fu costruita su un tempio dedicato a Vishnu e dal suo tetto si può godere una delle migliori panoramiche della città.
Se normalmente le moschee sono sì luoghi di preghiera, ma anche luoghi sociali, di sosta e comunità e dunque sempre accessibili, a Varanasi, per prevenire disordini interreligiosi che si sono acutizzati negli ultimi anni a causa del potere e il seguito acquisito dal partito nazionalista indù, le moschee sono aperte solo il venerdì, giorno di preghiera.
L’attrazione principale per i visitatori e i pellegrini sono il centinaio di Ghats lungo il fiume, all’alba per i riti al sole nascente o al tramonto all’ora della Puja , verso le 18, quando il fuoco e la luce vengono offerti al fiume, tra canti, conchiglie suonate, cimbali, mantra e migliaia di offerte votive luminose che fluttuano sulle acque. Questi Ghats , che bordano le rive per parecchi chilometri, un tempo erano sovrastati da meravigliosi palazzi.
Lungo le gradinate principali, sotto grandi parasole, i sacerdoti, gli astrologi e gli indovini prestano servizio per i credenti, impartendo mantra e responsi, officiando riti e intercedendo con le divinità, mentre centinaia di Sadhu meditano praticando yoga o semplicemente trascorrono lungo il fiume la loro vita ascetica. Dashashwamedha Ghat ,è il principale ghat dove si concentra l maggioranza della popolazione eanche dei turisti. È l’asse principale del quartiere del Chowk il quartiere commerciale antico, ed il posto da dove partono le barche per le escursioni sul Gange. È uno dei Ghat più sacri. Munshi Ghat , a sud del Dashashwamedha si incontra il Ghat riservato alla popolazione musulmana (25 %) che usa il fiume per lavarsi senza investire la cosa con particolari significati religiosi.
Continuando verso sud si incontrano in sequenza il Darbhanga Ghat , il Dhobi Ghat , dove lavorano i lavandai. I Ghats Narad e Chauki sono sacri perchè ricordano episodi della vita del Buddha e la rosea torre nelle vicinanze è un deposito per l’acqua.
Raj Ghat qui sono marcate le piene del fiume e osservando i livelli raggiunti si comprende immediatamente il perchè della curiosa disposizione, tutta su un lato, della città.
Harishchandra Ghat , è il più sacro per le cremazioni anche se il Manikarnika lo batte in popolarità.
Karnataka Ghat , uno dei numerosi Ghat ove i pellegrini delle varie regioni dell’India trovano sacerdoti che parlano la loro lingua e che conoscono le particolarità regionali dei riti e delle celebrazioni, e così via. E ancora il Shivala Ghat , o Kali Ghat , di proprietà privata della famiglia dell’ex governatore di Varanasi, Anandamay Ghat , in memoria di una santa bengalì morta nel 1982; il Jain Ghat , che commemora uno dei Tirthankar che nacque nelle vicinanze; Tulsi Ghat , che ricorda il grande santo e poeta medievale Tulsi Das a cui è dedicato anche un tempio moderno in marmo bianco, fino ad arrivare all’Assi Ghat.
Assi Ghat , è il punto dove il fiume Assi confluisce nel Gange dando luogo ad un sito particolarmente sacro: è uno dei 5 Ghats dove i pellegrini dovrebbero bagnarsi nello stesso giorno, per rendere efficaci le loro preghiere. L’ordine canonico dei Ghats in cui immergersi è il seguente: Assi , Dashashwamedha , Barnasangam , Panchaganga e Manikarnika . Se invece risalite da Dashashwamedha Ghat verso Nord, incontrerete:
Man Mandir Ghat , uno dei più antichi di Varanasi, costruito nel 1600 dal Maharaja Man Singh di Amber.
Mir Ghat , che porta a una fonte sacra e dove le vedove scontano la loro non facile condizione, dedicando la vita alla preghiera a cambio di cibo e ricovero.
Lalita Ghats , in stile nepalese.
Continuando a salire si incontrano il Manikarnika Ghat , il Jalasayn Ghat , altro centro principale per le cremazioni. Seguono il Scindia Ghat , il Ram Ghat , il Panchganga Ghat che la tradizione vuole si riuniscano 5 fiumi: Gange, Saraswati, Gyana, Kirana e Dhutpapa.
Infine il Gai Ghat , il Trilochana Ghat , con tempio dedicato a Shiva, e il Raj Ghat . Nel complesso Varanasi merita senza ombra di dubbio una visita, nonostante l’affollamento turistico, le visioni scioccanti e le mille sanguisughe pronte a spillarvi quanto più possibile in ogni circostanza.